Che cos’è il metaverso, iperuranio cyberpunk o nuova internet?
Platone, filosofo greco, immaginava l’esistenza dell’iperuranio: una zona oltre il mondo e al di là del cielo dove risiedono le idee, ovvero le essenze delle cose che ci circondano (a grandi linee: io so cos’è un pinguino perché prima della mia nascita ho fatto esperienza nell’iperuranio dell’idea di pinguino, così durante la mia vita posso riconoscere l’oggetto “pinguino”).
L’iperuranio si può immaginare come un luogo perfetto, distaccato dal mondo; una bolla galleggiante che può essere raggiunta solo dalle più alte facoltà dell’intelletto. È luminoso, sospeso, altro rispetto alla realtà.
E se invece fosse un ambiente urbanizzato, estremamente artificiale e tecnologico, una dimensione diversa dalla realtà tangibile dove solo le luci della città bucano l’oscurità nebbiosa e inquietante: e se fosse un iperuranio cyberpunk?
Può essere questa la prima immagine, un po’ distopica, che appare nella mente quando si inizia ad approcciare il tema del metaverso: uno scenario tratto direttamente dal filone fantascientifico che unisce cibernetica, stile punk e atmosfere tetre. Non a caso il termine “metaverso” è stato coniato negli anni Novanta dall’autore statunitense Neal Stephenson all’interno del libro Snow Crash; genere: fantascienza cyberpunk. Nel romanzo il metaverso è una realtà virtuale condivisa tramite internet, vivibile attraverso il proprio avatar.
Il metaverso è uno spazio virtuale condiviso, una dimensione alternativa parallela alla realtà in cui muoversi con i propri avatar e partecipare a eventi, concerti, giochi, esperienze di ogni tipo: tutto in forma digitale. Ma con un livello di immersività inaudito che si spinge di gran lunga oltre la realtà virtuale.
Durante l’evento Facebook Connect 2021, Mark Zuckerberg ha spiegato la sua visione di metaverso: un’evoluzione di internet in cui saremo in grado di immergerci, così da sentire la vicinanza delle persone, non importa quanto distanti.
Come cliccando un link su internet, sarà possibile spostarsi liberamente all’interno del metaverso e incontrare i propri amici e amiche per andare insieme a una festa o passare una serata nel proprio salotto virtuale, senza spostarsi dal salotto reale della propria casa di mattoni e cemento. Nel metaverso sarà anche possibile acquistare oggetti, basti pensare agli NFT (dei certificati di proprietà di opere digitali, indicano degli oggetti non riproducibili e non sostituibili, unici), o alle aziende che metteranno a disposizione beni con il proprio marchio.
Una Second life digitale? Un mondo alla Ready player one in cui basta indossare un visore per catapultarsi in un’altra realtà che prende il posto del mondo reale?Non proprio. A scapito delle visioni più distopiche ed estreme, il metaverso non tenta di essere una sostituzione della realtà: la propria vita non si trasla completamente in una dimensione virtuale, annullando ogni tipo di interazione con il mondo fisico (anche perché, che vantaggio ci sarebbe a rinunciare a così tanta bellezza?).
Il metaverso si prospetta più che altro come un potenziamento di mezzi e canali che già sfruttiamo quotidianamente: una nuova internet.
Online e offline sono sempre più intrecciati e ormai non si tratta più di scindere le due dimensioni all’interno della propria vita, piuttosto si tratta di imparare a gestirle e farle convivere in armonia. Anche oggi, senza considerare situazioni di isolamento forzato, potremmo decidere di non uscire più di casa: smart working, acquisti online di ogni tipo, videochiamate; eppure non lo facciamo. A parte casi estremi di disagio personale, l’online non ha sostituito l’offline: si è posto come risorsa e potenziamento (soprattutto proprio in quelle situazioni di isolamento forzato), intrecciandosi alla vita tangibile e diventando un nuovo elemento di quotidianità.
In ogni caso l’online presenta dei limiti che il metaverso promette di superare, soprattutto per quanto riguarda la comunicazione.
Nel processo comunicativo il non verbale (espressioni facciali, sguardi, gesti, linguaggio del corpo) costituisce il 55%, il para-verbale (tono di voce, velocità in cui parliamo, timbro, volume) il 38%: il verbale (ciò che viene effettivamente detto), solo il 7%. Pazzesco, vero? Figuriamoci digitando caratteri sulla tastiera o leggendo parole su uno schermo. Quante volte un messaggio mal interpretato su whatsapp ha fatto scoppiare litigate inaudite, per poi scoprire che si sta dicendo la stessa cosa, solo in modo diverso o con l’emoji sbagliata? E pensando alle videochiamate, ognuno di noi ha imparato a conoscere quanto sia limitante rivolgersi a una platea di quadratini neri o quanto sia confusionario seguire voci che si sovrappongono; in un attimo si perdendo tempo ed efficacia.
In futuro, con il metaverso sarà possibile gesticolare, invece che digitare.
È difficile definire cosa sia e cosa sarà il metaverso, trattandosi ancora più di un concetto che di una realtà (virtuale). Per ora è l’unione di potenzialità e mezzi tecnologici già esistenti, un’evoluzione di internet con nuove potenzialità.
A cosa ci porterà dipenderà solo da noi: saremo noi a decidere se trasformaci in una società che non esce di casa e vive solo tramite un visore virtuale.
Sempre che la crisi climatica non renda impossibile la vita all’esterno.