Laura Nicolini
UNA PALLOTTOLA STUDIATA

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Tuttə più sensibili

Tuttə più sensibili

Il mondo è in continua mutazione: alla velocità della luce si susseguono tendenze (come insegna Tim Gunn, un giorno sei in e quello dopo sei out), nascono movimenti, si modifica il linguaggio. Cosa significa questo per la comunicazione? L’ho chiesto a Maddalena Bellasio.

 Come il linguaggio deve cambiare in armonia con la società e come un asterisco è un potente simbolo di sensibilità, attenzione e rispetto.

Nella filosofia greca il concetto di logos (λόγος se vogliamo tirarcela un po’) indica un discorso rivolto sia all’interno di noi stessə che verso l’esterno e raccoglie in sé due significati: pensiero e parola; i due principi sono strettamente collegati. In effetti le parole sono i mattoncini che usiamo per costruire le nostre idee, condividere pareri, sviluppare ragionamenti ed esprimere le nostre opinioni e sentimenti. A livello individuale il linguaggio è in grado di influenzare e trasformare il pensiero in una relazione dinamica, tant’è che più il vocabolario di una persona è ricco, più questa sarà in grado non solo di esprimersi in maniera efficace, ma di costruire ragionamenti più complessi, articolati e profondi. Se abbiamo solo farina e acqua potremo creare unicamente un pane semplice, ma se abbiamo anche uova, cioccolato, burro, confettura di albicocche potremo cucinare una Sacher… e nel secondo caso non saremo obbligatə a usare sempre tutti gli ingredienti a nostra disposizione e creare esclusivamente dolci complessi: potremo facilmente scegliere di fare del semplice pane; mentre nel primo caso non potremo mai ambire a una Sacher perché privə degli ingredienti di base necessari.

A livello sociale un idioma nasce proprio dall’esigenza comune di spiegarsi e capirsi e si sviluppa in una convenzione condivisa dalla società che ne fa uso; così il linguaggio diviene lo specchio della realtà. La società è fatta di persone, le persone di pensieri e i pensieri di parole: ecco che il linguaggio diventa un elemento determinante nello sviluppo e nella rappresentazione dell’organizzazione sociale; e quando la società, insieme alla sua sensibilità e alle sue esigenze, cambia? Il linguaggio deve evolvere con essa.

È il caso dei neologismi, che nascono dalla necessità di descrivere situazioni, circostanze, fenomeni nuovi. Un esempio direttamente dal 2020 è “infodemia” ovvero, citando da Treccani: «circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili». Ricorda qualcosa?

Il cambiamento della società non si riflette solo nelle creazioni di nuovi termini: si tratta soprattutto di come le parole vengono usate e quali messaggi si sceglie di veicolare. Qualche anno fa una pubblicità di un brand di gioielli recitava «Un ferro da stiro, un pigiama, un grembiule, un bracciale. Secondo te cosa la farebbe più felice?». Non parliamo solo di stereotipi sessisti, parliamo di anacronismo: una comunicazione di questo tipo non risulta efficace perché propone vecchi modelli, che sono stati superati e che quindi non sono più specchio della società a cui vengono proposti. Non solo: se da una parte il linguaggio deve rappresentare le dinamiche sociali, dall’altra deve essere un incentivo per migliorare in termini di sensibilità e attenzione.

Intorno a noi ci sono donne e uomini, alcunə si riconoscono nel loro sesso biologico e altrə no, persone appartenenti a diverse etnie, persone con disabilità, persone che seguono religioni differenti o anche nessuna, persone con orientamenti sessuali diversi… eccetera eccetera all’infinito.

Una società woke (letteralmente “svegliə”, fa riferimento a chi non abbassa la guardia nei confronti delle ingiustizie sociali) sa che diversità significa ricchezza e che ognunə deve sentirsi rappresentatə e inclusə. L’inclusione non toglie niente a nessunə, l’esclusione e la discriminazione invece fanno proprio questo, così come tutelare i diritti di più persone è un arricchimento e una vittoria per tuttə e non preclude nulla a chi ha avuto il privilegio di ottenere già determinati diritti (citazione puramente casuale).

Nel nostro piccolo possiamo fare la differenza anche con gesti apparentemente minimi, ma che in realtà sono immensi: scegliere di utilizzare “essere umano” al posto di “uomo” per descrivere il genere umano, salutare con un benvenuti e benvenute o con ancora più attenzione mettere un asterisco, uno schwa (ə), un 3 o una “u” alla fine delle parole. Accorgimenti che diventano simbolo di sensibilità nei confronti delle persone che ci circondano e supporto all’inclusione. Un gesto di accortezza e rispetto che significa riconoscimento della complessità della realtà che ci circonda, così come il rispetto per i pronomi attraverso cui una persona sceglie di essere rappresentata.

La società è fatta di persone, le persone di pensieri e i pensieri di parole: la bellezza e la ricchezza dell’umanità si trovano proprio nella diversità e nella grande capacità di cambiare propria delle persone: allo stesso modo il linguaggio non deve fossilizzarsi su posizioni vecchie e su regole superficiali, ma deve essere malleabile e plasmarsi sulla base delle entità che rappresenta, cambiando in armonia con la società. Anche solo attraverso un asterisco.

foto: lilartsy on pexels